Associazione Lodi Liberale

 Valori liberali

Valori liberali

L’Associazione Lodi Liberale si ispira ai valori del liberalismo. Crediamo nell’uguaglianza degli uomini davanti alla legge, ma contestualmente consideriamo la diversità una risorsa e un’opportunità di crescita nel confronto, non un problema. Crediamo che tutti gli individui abbiamo una conoscenza limitata e fallibile, perciò non confidiamo nel governo degli uomini ma nel governo della legge. Crediamo nella pluralità dei valori e che quindi nessuno, neanche lo stato, abbia il potere di imporre i propri valori a nessun altro, ma che ci siano valori minimi, propri della civiltà occidentale, che sono inderogabili... (Carta dei Valori Lodi Liberale)

Il Consiglio direttivo

Associazione Lodi Liberale
LORENZO MAGGI
LORENZO MAGGI
Presidente
JACOPO BOSONI
JACOPO BOSONI
Segretario
STEFANO BOSI
STEFANO BOSI
Consigliere
ANDREA FORTE
ANDREA FORTE
Consigliere
SOFIA MORAMARCO
SOFIA MORAMARCO
Consigliere

Chi cerca nella libertà altra cosa che la libertà stessa è fatto per servire

da "L'antico regime e la rivoluzione" - Alexis De Tocqueville (1805-1859)

Ultimi eventi Lodi Liberale

Eventi & News

  • Un liberale che non si piegò al fascismo

    Mercoledì 17 dicembre, in occasione delle serate dedicate alle personalità e agli statisti liberali, abbiamo presentato le “Memorie” di Marcello Soleri. Erano con noi Pier Franco Quaglieni, presidente del Centro Pannunzio di Torino, Olimpia Soleri, curatrice dell’Archivio Soleri e Gerardo Nicolosi, professore di Storia contemporanea presso l’Università degli Studi di Siena. Marcello Soleri è stato, come molti liberali dei suoi tempi, un galantuomo, dalla dirittura morale proverbiale, dai valori profondi e veri, desunti dalla provincia più autentica,  sensibile naturaliter al complesso di qualità ed ideali liberali. Ed ha saputo esserlo in tempi difficilissimi, quando la stragrande maggioranza della nazione si prostrava alla dittatura fascista, mentre lui, proprio contro questa dittatura, contro tutta la sua nomenclatura e in opposizione aperta al suo capo, ha saputo dimostrare sempre il suo aperto dissenso, le sue critiche profonde ed articolate, la sua forza indomita, senza un attimo di esitazione e a dispetto di tutte le possibili cautele. Marcello Soleri, insomma, è stato un esempio di come alcuni esponenti della classe dirigente liberale prima del fascismo e dopo il fascismo avessero realmente grandi capacità, notevoli intuizioni e immenso coraggio, spazzando via quell’immagine troppo spesso propalata di una totalità di uomini imbelli a capo di un Paese incapace di opporsi ad una banda di briganti. Le vicende, e la storia, sono sempre più complesse ed articolate rispetto alle semplificazioni o alle caricature e questo libro di “Memorie” di Marcello Soleri ce lo dimostra. Esso è un documento fondamentale per capire dall’interno le vicende politiche, economiche e sociali dell’Italia del primo cinquantennio del XX secolo. Ci parla della dimensione locale, dell’amministrazione, come sindaco, della sua Cuneo e, indirettamente, ci ricorda come l’Italia sia, fortunatamente, una nazione di campanili e di realtà particolari, ricchissime della loro specificità. Ma ci parla anche dell’Italia giolittiana, della Grande Guerra, che Soleri visse da volontario e nella quale fu ferito e decorato. I capitoli sicuramente più interessanti sono quelli che attorniano l’avvento del regime e la sua presa del potere, fitti di una cronaca piena di eventi e densi di sfumature, ma soprattutto capaci di fornire una serie di dettagli e di rivelazioni non tutti di pubblico dominio. Sono ugualmente molto interessanti, comunque, i capitoli che, partendo dalla caduta del Fascismo, hanno come oggetto le trattative, i progetti, gli atti che prelusero la fine della Seconda Guerra Mondiale, la fine della Monarchia Sabauda e la nascita della Repubblica. Questo libro può, anche, essere letto in modo trasversale, alla ricerca di elementi che, nel corso di questi anni tanto tribolati quanto decisivi, ebbero un ruolo strategicamente fondamentale. Per esempio, il Re, Vittorio Emanuele III, o il figlio Umberto, principe di Piemonte, come pure la loro corte, i loro ministri ed il peso che le loro figure ebbero, o mancarono di avere, sullo sviluppo degli avvenimenti. E ancora, la variegata composizione dei parlamentari, le loro reazioni e le loro responsabilità durante il corso della dittatura fascista e nell’arco del Ventennio. A titolo di esempio, Soleri fu tra i più risoluti oppositori del Fascismo e di Mussolini, ma fu anche molto critico di fronte alla decisione del folto gruppo di parlamentari che decisero di abbandonare l’aula del Parlamento riproponendo una secessione aventiniana che non solo non ebbe successo, ma, paradossalmente, fu tra gli atti che consolidarono il regime. Il racconto delle “Memorie” si arresta nell’autunno del 1943, ma alcuni altri contributi in Appendice raggiungono il maggio 1944. Completa l’opera, una postfazione di Elvio Soleri, fratello di Marcello. Leggere questo resoconto, che unisce l’importanza di una testimonianza storica fondamentale alla ricchezza di una galleria di personaggi, eventi e relazioni che sono stati il principale palcoscenico della storia nazionale nel primo cinquantennio del Novecento, conduce il lettore ad un indubbio arricchimento culturale, ma soprattutto alla consapevolezza che anche nei momenti più bui delle vicende del nostro Paese ci sono stati uomini, e donne, con una dirittura morale altissima e con valori profondi di immenso spessore. Valori e ideali che, non a caso, hanno potuto dare corso ad una pratica esistenziale improntata al rispetto ed alla difesa delle libertà, che non si è mai piegata ai soprusi e alle violenze, anche quando hanno toccato il proprio figlio, malmenato e ferito da mascalzoni incapaci di accettare il confronto verbale e lo scambio pacifico delle idee. Marcello Soleri non ha avuto paura nel commemorare in Parlamento la figura di Amendola, ucciso in conseguenza delle bastonate dei fascisti, e non ha avuto timore nel denunciare a voce alta il clima di illegalità e di intimidazione in cui era piombata l’Italia. La sua lezione di coraggio civile e di forza deve essere sempre tenuta presente, per ricordare a tutti l’importanza della luce della libertà. read more

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  • L’antisionismo come nuova versione dell’antisemitismo

    Con Maledetto Israele, pubblicato dalla casa editrice Liberilibri di Macerata, Niram Ferretti – scrittore, saggista e tra le voci più lucide dell’ebraismo italiano – firma un libro che si colloca nel solco della migliore tradizione civile europea: un’analisi rigorosa, colta e coraggiosa dell’odio antiebraico nella sua forma contemporanea, l’antisionismo militante. Il titolo è volutamente provocatorio: non è un’accusa, ma la constatazione di una condizione storica, del “maledetto” che la cultura occidentale continua a proiettare sugli ebrei e, oggi, sullo Stato di Israele. Ferretti mostra con finezza come il bersaglio sia mutato, ma il meccanismo sia rimasto lo stesso. La demonizzazione dell’ebreo come individuo si è trasformata nella demonizzazione dell’ebreo collettivo: Israele. Al posto del deicidio, la colonizzazione; al posto dell’usura, l’apartheid; al posto della “questione ebraica”, la Palestina. Cambiano le parole, non l’impianto mentale. L’antisemitismo non scompare: cambia pelle, linguaggio, strumenti. È questa la tesi forte e scomoda del libro. Il merito di Ferretti è di non limitarsi alla denuncia morale, ma di documentare con precisione quasi filologica il modo in cui Israele è diventato l’epicentro di una narrazione distorta. Il saggio attraversa università, ONG, media, diplomazie internazionali, social network, movimenti identitari. Ovunque, spiega l’autore, opera la stessa dinamica: Israele non viene giudicato per ciò che fa, ma per ciò che rappresenta. Non è più uno Stato reale con problemi reali: è un simbolo negativo, una proiezione ideologica, una metafora del male. Il libro ricostruisce episodi, dichiarazioni, risoluzioni ONU, campagne mediatiche. Mostra come perfino fatti documentati vengano manipolati per alimentare un pregiudizio antico: l’idea che tutto ciò che riguarda gli ebrei debba essere letto alla luce di una colpa originaria. Ferretti non concede attenuanti: l’antisionismo contemporaneo è l’ultima reincarnazione dell’antisemitismo europeo. Lo stile di Ferretti è asciutto, quasi chirurgico. Ogni capitolo si apre con un fatto, una citazione, un evento che diviene esempio di un meccanismo più profondo. La scrittura resta sempre elegante, mai risentita, attraverso la chiarezza argomentativa, il rifiuto del sensazionalismo, la difesa della razionalità contro il dogma. La prospettiva del libro è profondamente liberale. Ferretti difende Israele non come mito, ma come democrazia liberale, unica della regione, con stampa pluralista, magistratura indipendente, diritti civili protetti e un dibattito interno vivacissimo. È questo, paradossalmente, che più irrita i suoi detrattori. Israele dimostra che libertà, responsabilità, sovranità e identità nazionale possono convivere; ed è proprio questa convivenza a essere inaccettabile per chi sogna modelli rivoluzionari o teocratici. Ferretti denuncia, inoltre, un fenomeno inquietante: la crescente convergenza tra estremismi opposti – islamismo radicale, neo-marxismo accademico, populismo identitario – uniti dalla comune ossessione anti-israeliana. La figura dell’ebreo torna così al centro dell’immaginario politico occidentale, non per ciò che è, ma per ciò che permette di dire: che il mondo sarebbe migliore se un certo ordine liberale non esistesse più. Le pagine finali sono tra le più potenti. Ferretti avverte che l’odio antiebraico non è mai un fenomeno isolato: è un indicatore della salute morale di una società. Quando l’antisemitismo cresce, la libertà arretra. Quando Israele viene demonizzato, l’Occidente rinnega sé stesso. Difendere Israele, scrive l’autore, non significa aderire a un partito, ma difendere la civiltà della libertà, quella che ha posto l’individuo, la legge e la dignità umana al centro della vita pubblica. Maledetto Israele è un libro necessario, perché racconta la verità in un tempo di menzogne sicure, e perché ricorda che la libertà – come l’antisemitismo – non riguarda mai un solo popolo. Riguarda tutti noi. read more

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