Lunedì 3 novembre, in occasione delle serate dedicate alle figure che hanno segnato la storia e l’applicazione concreta di idee e posizioni liberali, abbiamo presentato “La donna che ha cambiato il mondo. Margaret Thatcher e la sua eredità”. Si tratta di un volume collettaneo di contributi sull’esperienza e la figura di Margaret Thatcher, scritti in occasione del centenario della nascita, avvenuta a Grantham il il 13 ottobre 1925. Erano con noi Luca Bellardini, curatore del volume e direttore scientifico dell’Associazione Guido Carli, Lorenzo Castellani, professore di Storia delle Istituzioni politiche presso la LUISS Guido Carli di Roma, Elvira Cerritelli, vice Presidente dell’Associazione Scuola di Liberalismo e Domenico Maria Bruni, ricercatore di Storia contemporanea presso l’Università di Siena. Margaret Thatcher ha aperto molte strade : è stata la prima donna a ricoprire la carica di Primo Ministro in Gran Bretagna e la prima donna investita della carica governativa più importante in uno qualsiasi degli esecutivi delle maggiori potenze occidentali. In precedenza, era stata la prima donna a guidare, come Segretario, uno dei grandi partiti che animano la vita politica inglese, divenendo, nel 1975, Segretario del Partito Conservatore (il Conservative Party). E’ stata, inoltre, l’unico premier inglese a vincere tre consecutive elezioni politiche nel Novecento, venendo scalzata dalla sua carica solo da una fronda interna al suo partito ed alla sua compagine governativa. Essa detiene, di conseguenza, il record di longevità ininterrotta come premier, dalla vittoria nelle elezioni politiche il 4 maggio 1979, che le aprirono per la prima volta le porte di Downing Street, alle dimissioni, consegnate personalmente nelle mani della Regina Elisabetta II il 28 novembre 1990. A lei ed alle sue idee, oltre che al suo concreto agire politico, fa riferimento una precisa corrente politico-economica (il thatcherismo), mentre l’epoca del suo governo, fatta di indubbi successi, decisionismo ed eredità per tutti coloro che l’hanno seguita, alleati e nemici, è stata siglata con il termine di era thatcheriana. L’agile volumetto presenta una serie di documentati contributi che analizzano alcuni aspetti del lascito thatcheriano, ponendo l’attenzione sull’aspetto comunicativo che ha caratterizzato la sua parabola, sulla contestualizzazione del thatcherismo nel quadro della sua nazione, sull’aspetto religioso, sui tentativi di riforma della pubblica amministrazione, sui successi economici, sulle sue privatizzazioni e sugli interventi compiuti per riformare una piazza stanca, la City, in uno dei centri nevralgici mondiali della finanza e degli affari. L’opera è tanto chiara quanto istruttiva, e lasciamo senza dubbio ai lettori il piacere di scoprirla nei suoi molteplici aspetti. Qui cercheremo, partendo dal commento di alcune citazioni della Thatcher stessa presenti nel volume, di compiere qualche considerazione. Margaret Thatcher, infatti, sapeva comunicare con efficacia idee e strategie avendo ben compreso che le intuizioni da sole non sono produttive se non sono sorrette dalla capacità di farle entrare nelle menti e nei cuori degli ascoltatori. In questo senso, non ha mai cercato il consenso fine a se stesso, né si è mai preoccupata di piacere o di non dispiacere ( la strategia di tutti coloro che l’hanno preceduta, eccettuato Churchill, il suo grande ispiratore), ma ha sempre cercato di convincere, nella convinzione che le sue posizioni avessero concrete ragioni partendo dai fatti. Margaret Thatcher non ha mai cercato l’accomodamento, la sopravvivenza o qualche punto di equilibrio strategico, ma ha sempre sentito il dovere di ottemperare alla missione per la quale sentiva di essere stata eletta e verso la quale tre consecutive maggioranze di inglesi le hanno dato piena fiducia, ossia il cambiare le cose. Margaret Thatcher, nel 1979, prese un Paese sull’orlo del caos e lo consegnò indietro, nel 1990, come una nazione restituita a degno titolo nel centro dell’economia mondiale, di nuovo in grado di potersi mostrare con orgoglio, sulla scorta di risultati incontestabili. La “Lady di Ferro” è stata davvero la premier che ha cambiato il suo Paese e senza la quale tutti coloro che si sono succeduti non avrebbero potuto partire da solide basi, siano stati essi membri del suo stesso partito o avversari politici di schieramenti opposti. Se questa donna dalla volontà indomita e dal carattere sicuramente poco incline al compromesso ha potuto raggiungere molti dei risultati che si era prefissa, è stato sicuramente dovuto, oltre alle sue caratteristiche personali di forza e personalità carismatica, anche all’attenzione metodologica, verrebbe da dire, per gli individui, per le famiglie e per le cose. Non sono state le astrazioni a guidarla, ma è stata la concretezza. Al tempo stesso, tuttavia, sorretta da un bagaglio di idee forti, in parte di ascendenza conservatrice in parte desunte dalle più recenti acquisizioni del liberalismo economico e filosofico anglosassone. Giova, inoltre, ricordare un punto, che è centrale se si vuole avere contezza di una figura tanto importante per il corso storico mondiale (non solo del suo Paese) : Margaret Thatcher non è stata principalmente o unicamente indirizzata dal conseguimento dei risultati, ma da un convincimento più profondo, da un fine più intimo e, per lei, sicuramente più importante : il cambiamento dello spirito nell’animo dei suoi compatrioti. L’abbandono, cioè, di una mentalità passiva, assistenziale, prona, in un unico aggettivo “socialista”, per l’acquisizione (o il ritorno) verso valori di intraprendenza, autonomia, libertà individuale che fanno parte naturalmente delle persone e che decenni di disimpegno e statalismo avevano progressivamente sradicato. In questo sta uno dei lasciti più decisivi dell’azione di Margaret Thatcher ed uno dei contributi più importanti da tenere sempre presenti. Si tratta, proprio, di un elemento profondamente liberale, inteso in senso classico come esaltazione della libertà individuale ed affrancamento dal potere dello stato. Chiedersi se Margaret Thatcher ha raggiunto integralmente tutti i propri scopi è esercizio, oltre che vano, anche illusorio. Questa donna indomita ha saputo sicuramente tracciare una rotta e ha mantenuto costantemente la barra ben salda. Quando le sue esequie furono riconosciute come una cerimonia di Stato, ad esse vennero concessi tutti gli onori militari, non certo soltanto per la dimostrazione di competenza e di coraggio avuta nella conduzione della Guerra delle Falkland, ma anche per riconoscere quanto essa sia stata capace di condurre l’intera nazione con un piglio tipico dei grandi condottieri del grande passato britannico. read more